Ghiaccio fuori e dentro di me.

L’anello che hai al dito, questa è la bocca che parla per te.

Una fede d’oro giallo, resa opaca dal contatto della pelle e dall’acqua del lavandino, sempre troppo dura, con tutto quel calcare concentrato dentro.

Mi colpisce gli occhi come un lampo improvviso, squarcia lo spazio di fronte a me. Riflette il bianco del ghiaccio sotto le mie gambe, crea un bagliore sottile.

È una lama che mi entra nelle pupille, luce intorno e poi buio, irrimediabile.

Ti avvicini con passo silenzioso, un fantasma che avanza: non ti vedrei, se non fosse per quel baleno che si scaglia dal tuo anulare, mentre appoggi la moneta nel mio cappello, mezzo affondato nella neve.

Ieri sera non hai fatto l’amore con tuo marito.

Apposta sei andata a letto presto, perché non ti andava di fargli vedere che non ami più niente, eccetto la foto di tua madre che ti scruta dal comodino, il sorriso esausto che culla. Non metti la crema per il viso, lasci che l’aria ti tagli le guance e accentui le zampe di gallina. Non hai pensato a tua figlia, alle foto sconce che mette sul cellulare da qualche mese.

C’è qualcosa che hai sbagliato, lo sai perché tutti sono capaci di ricordartelo, davanti all’arrostino della domenica. O in fila, verso l’altare, quando arranchi di stanchezza per prendere la comunione.

Fallo: stai qui con me. Io sono il barbone che non devi nemmeno guardare in faccia.

Io sono peggio di te. Rimani qui, prima che il gelo mi blocchi il cuore, prima che la neve mi trasformi in un pupazzo triste.

Credi, tu, nella purezza di uno sconosciuto? Mi vuoi, tu?

Sono passato dove sei passata tu. Una notte sono scappato che ero un topo, ho lasciato che le gambe mi gettassero dove non ero mai stato: ero vicino, ero dentro una tana scura, in fondo al mio stomaco sfatto.

Così ho smesso di lottare. Perché?

Perché non importava a nessuno, la mia guerra.

A me di te importa, donna bella come un’orchidea sgualcita.

Siamo uguali, tu poco prima della fine. Io al di là.

Dove non fa male più niente, dove si ghiacciano le mani. E le parole.