La mattanza

Il lato più autentico di Favignana: la pietra di tufo, il cuore della gente e il mare d’inverno!

Mi accoglie in una casa-museo, Benito Alessandra, nel suo regno rimasto fuori dal tempo, composto da sculture di tufo e vegetazione lussureggiante.

Benito è lo scultore di Favignana; 84 anni, sguardo vivace, sorriso di chi sa aprire le porte di casa e del cuore.

In Eritrea

Appena gli stringo la mano capisco che ha una storia speciale da raccontare, la storia di una vita. La mia avventura inizia in Eritrea, dove sono rimasto 30 anni. Mio padre era militare lì. Così, insieme ai miei fratelli, mi sono trasferito quando avevo 2 anni. L’epoca era quella del governo italiano, gli anni Trenta”.

Da ragazzino Benito comincia ad apprendere il mestiere di costruttore, già a 17 anni posa mattonelle lungo le strade, gareggiando con gli altri muratori in abilità e velocità. “Costruimmo 7 chiese, io e i miei fratelli, di cui una era una cattedrale di 30 metri come diametro. Lavoravamo per il Vaticano”.

L’anno scorso è ritornato là, dove risiedono i ricordi di un trentennio della sua esistenza: Ho pianto, è stato bellissimo. Nella registrazione di TV2000 si vede tutta la mia commozione!”.

Benito Alessadra

Benito Alessandra, lo scultore di Favignana

Il processo creativo

Mentre Benito rievoca quella grande emozione, i miei occhi esplorano i dintorni della sua proprietà, situata nella parte meridionale dell’isola: sculture e statue in ogni angolo. Pietra di tufo che prende vita, acquisendo le fattezze di santi, pescatori, abitanti di Favignana, animali, pesci, antichi egizi. Una folla di personaggi che fanno palpitare la dura pietra, donandole un afflato di esistenza imperitura. “Ci sono scene di mattanza, particolari della vita di Gesù e di Maria, bassorilievi di ispirazione egiziana, con la regina Nefertiti. C’è perfino Valeria Marini con le sembianze di una sirena, circondata da polpi e altre creature marine!”

Valeria Marini

Polpi, tritoni e sirene

Benito parla con l’energia di chi è abituato a trasformare l’ispirazione artistica in lavoro manuale. L’estro di un artista che non si è mai tirato indietro, ma ha sempre detto sì alle suggestioni più varie. “Nel 1963 abbiamo svenduto tutto e siamo rientrati in Italia. Abbiamo soggiornato qualche anno a Palermo e poi ci siamo traferiti qui a Favignana, iniziando a lavorare come impresa edile Alessandra. Nel Settanta ho preso il primo lavoro, l’attracco dell’aliscafo. E a seguire il restauro del municipio e di Villa Florio”.

Pescare all’aspetto

In quegli anni Benito conosce un uomo che diventerà un amico fidato: Clemente Ventrone, il vice rais, tonnaroto che già lavorava allo stabilimento Florio (ve ne ho parlato nell’articolo precedente). Benito si sofferma su un ricordo che ancora lo fa sorridere, una memorabile giornata di pesca con Clemente: “Siamo andati fuori, lui era in barca, una barchetta da 2 soldi. Io sono sceso con le bombole, a 35 metri di profondità, ero abituato a fare il palombaro. Con il fucile ho colpito una cernia enorme, poveretta. Sono venuto su con questo bestione gigantesco e Clemente non stava più nella pelle dalla felicità. Abbiamo anche la fotografia!”

La statua di Clemente

Il volto scolpito di Clemente Ventrone

Benito impara da conoscenti genovesi una tecnica vincente per la pesca subacquea: la pesca all’aspetto. Cosa significa? “Vuol dire riempire i polmoni, rilassare i muscoli, concentrare il pensiero. Andare giù e aspettare. I pesci non ti vedono. E quando si accorgono di te…è troppo tardi! Quanti ne ho pescati! E adesso, come mi dispiace! Ricciole, saraghi, cernie. E i polpi, poverini. Pescare un polpo è come uccidere un uomo già morto. Mi sento un assassino!” Benito non li ha mai venduti, quei tesori del mare. Li regalava, li cucinava. E ora prova compassione per loro; per questo li ha trasformati in sculture. “Tutto è frutto della mia fantasia, non ho studiato niente, io. Quando vedo qualcosa che mi piace, creo uno schizzo in carboncino, poi prendo il blocco di pietra e comincio a lavorarla”.

La Favignana più autentica

Nel frattempo lo scultore mi versa dell’ottimo marsala, custodito in botti che tiene all’interno di una cripta da lui stesso scavata nella roccia, rivestita da bassorilievi di ispirazione egiziana, dai faraoni all’uccello del paradiso. Accanto a lui siede la persona che me lo ha fatto conoscere, Nicolay Marseguerra, titolare di Brezza Marina, società di servizi turistici e nautici tra le più importanti dell’isola.Il nonno di Nicolay era un mio grande amico, uno dei più bravi operai dello stabilimento Florio. Per me è un uomo speciale. Anzi, in questi giorni voglio andare a trovarlo”.

Le opere di Benito

Le opere di Benito

La mia domanda scaturisce dal sapore autentico del liquore che sto sorseggiando. “Come descrivereste Favignana a chi non la conosce?” Benito ha gli occhi lucidi: “Negli Anni Settanta, quando sono arrivato io, c’erano cinque macchine in tutto, di cui una era la mia. Il profumo del mare, della pesca al tonno, del lattume…tutto era una favola. Le persone di Favignana sono buone di cuore, pure. Per questo sono 50 anni che sono qui”. Nicolay gli fa eco: “Io non ho avuto la fortuna di scoprire Favignana venendo da fuori, perché sono nato qui e quando nasci in un posto, non sempre riesci a percepirne tutte le sfumature di immenso valore. Finisce che le dai per scontate. Io posso dire che il calore che mi dà Favignana non lo trovo in nessun altro luogo: l’isola per me è casa, famiglia. Anche d’inverno, quando resto a fare manutenzione delle mie imbarcazioni. In quel momento, quando il turismo è meno presente, viene fuori lo spirito più autentico di Favignana. Con l’odore del mare che ti entra dentro. Con il fascino intenso del maltempo, che ti fa intuire l’infinita potenza della natura”.

Dallo spirito alle mani

Benito si guarda le mani: “Certe volte me lo chiedo. Come hanno fatto queste mani a costruire tutte queste cose? Io sono stato aiutato dal Padre Eterno, ho 84 anni e ancora tanta capacità di fare. Il mio è sempre stato un lavoro manuale. Per me l’arte parte dallo spirito, ma poi bisogna metterci le mani”.

Simboli sacri

Ispirazioni sacre nella scultura

Che sarà di questo patrimonio? “Le mie sculture qui devono restare. I miei figli lo sanno: questo è il mio lascito ai Favignanesi. Non vendo nulla; tutto questo deve rimanere qui. E io? Io ho ancora voglia di creare! Così tanta che certe volte chiedo a Dio ‘ma quando mi fai morire, chè sono stanco?!’

Farebbe sculture anche in Paradiso, Benito. Con quella forza fisica e mentale che è energia allo stato puro.

Un palpito di vita che sa animare la pietra.