Buffissimi animali.

Hai presente l’Acquario? Quello di Genova, che hanno appena sistemato. Un laboratorio galleggiante, un oceano controllato, la boccia-mondo dove io sono nato.

Io sono Indie.

Il famoso delfino, ovvero tursiope, partorito in cattività. Io sto benissimo nella mia vasca: biologi e addestratori la chiamano nursery. Mia madre, Goccia, non è molto brava ad allattarmi, non le viene naturale. Di cosa vi stupite, anche lei è nata qui.

Qui non c’é niente di naturale. Qui è molto comodo e bello e gratificante non cavarsela da soli.

Qui è doveroso farsi dare da mangiare. La lotta per la sopravvivenza non paga il biglietto e qui non deve entrare. In cambio del cibo faccio un po’ di tuffi, di spruzzetti e di versini. E se mi impegno magari mi mandano a Riccione, al Delfinario. Lì ci vanno solo quelli bravi.
Se c’è una cosa che mi piace fare, è questa: osservare chi mi osserva.

Sono animali bizzarri, gli uomini.

Bipedi con manti di colori diversi. Gli occhi dietro curiosi aggeggi neri, che scatenano lampi e fanno un rumore tipo click. Sempre lo stesso gesto: fissano e toccano scatolette piatte e luminose, che hanno tra le mani, gli adulti e i loro cuccioli.
Oggi deve essere una festività particolare, perché l’Acquario è invaso da un branco di uomini di tutte le razze. Una fiumana ordinata, di grandi e piccini, che fanno avanti e indietro con le facce a due centimetri dai vetri delle vasche. Un banco di pesci variopinti, un bla bla informe, una processione multilingue di “guarda” e di “lo vedi?”.
D’un tratto, nel cuore della folla, un paio di bipedi cominciano a urlare, tirano fuori dalle borse megafoni e cartelli.
“Uscite da questo luogo di morte! Siete assassini! Un cimitero! Boicottiamo questo scempio disumano!”.
Di nuovo. I soliti animalisti. “Voi non sapete come trattano queste povere bestie. Sono condannate! Non portate i vostri figli in questo posto. Vi dicono che lo fanno a scopo educativo. Vi stanno prendendo in giro! Educate i vostri figli a vedere i delfini in mare aperto, nel loro ambiente naturale! Non in un acquario!”.
E poi il solito ritornello su come ci catturano e ci trattano in cattività.

E poi parlano di libertà.

Ripetono questa parola a volume sempre più alto, finché gli omoni della sicurezza non li trascinano fuori dalle porte di emergenza.

Io sono Indie. E mi sento libero. Libero di vivere nell’unico modo che conosco.

Tu, bipede manifestante, credi di essere più libero di me? Nella tua testa, forse. Ma nel tuo mondo, no.
C’è per tutti un ruolo da recitare, anche tu che ti illudi di non seguire il copione. E adesso ti racconto come finisce la storia: tu vai a casa, fiero dei lividi che ti ha fatto la polizia. Tu hai coscienza civica e lotti per noi poveri animali.
Io invece mi faccio un tuffetto. E mi godo quei cinesini che mi guardano dal vetro.

Che buffissimi animali. Gli umani.