Ora ascolto le campane.

Le vedo da sempre, queste campane che ogni volta mi parlano.

Piccole e forti, sorelle attente alla vita di tutti noi che ci inventiamo percorsi coraggiosi in mezzo a queste strade in salita, provando a fare bene o almeno a non cadere, a non svanire.

Le ho sentite alla mia prima comunione, quando avevo la tunica bianca che si infilava sotto la suola delle scarpe e volevo andare al ristorante, veloce, per mettermi i bermuda e sporcare anche le calze, dando calci violenti al pallone, mentre i vecchi nei tavoli brindavano e mangiavano chili di paté.

Poi erano tristi, le campane, quando è morto il papà di Luigi, il mio migliore amico.

Due minuti prima del funerale, Luigi era sparito. Mi hanno mandato a cercarlo, allora. Il parroco mi ha detto “solo tu puoi trovarlo”. E l’ho visto in mezzo al bosco, dentro i rovi, acquattato come una lepre braccata, le braccia sanguinanti di spine e ortiche. L’ho scoperto senza guscio, vicino al ruscello che lava i peccati e fa dimenticare. Sono tornato indietro e ho detto a tutti che no, non l’avevo trovato. A metà del funerale, però, è arrivato lui. È arrivato da solo. Si è fatto posto vicino a me, a sinistra della bara di suo padre, e non ha detto una parola, niente, fino a tarda sera sotto le campane.

Adesso sono qui che ripenso a tutte queste cose e aspetto.

La felicità è una sposa bella che si fa desiderare.

Arriverà con le scarpette bianche, tacchi sottili. Indosserà un nastrino blu sotto il vestito, sua sorella dice che è la tradizione. Avrà i capelli raccolti, tirati indietro in uno chignon elegante, adorno di candide roselline. Camminerà lenta, fianco a fianco con suo padre, gli occhi lucidi che guardano lontano. Sarà come una bambina, ancora e ancora.

Si lascerà portare perché è bello fidarsi, e darsi, e farsi guidare.

Perché forse l’amore è quella cosa lì, sospendere tutto e permettere che la vita ci viva.

La mano tremerà appena e suo padre allenterà la presa, con il battito del cuore che esplode nelle orecchie e lo sguardo fisso nell’altare. Un po’ di nostalgia. Il ricordo della notte con la febbre, a inventare storie di paura con il panno intriso di acqua gelata. E la prima volta insieme sugli scogli, un tuffo fiero per scoprire quella vita brulicante, variopinta, appena sotto la carezza del mare. Sarà la cosa più dolce, quel passo fatto insieme, vecchio e giovane, incessante e lieve. Sarà la sposa più bella del mondo, la mia felicità. Impazzirò, sì. Al suono gioioso delle nostre campane.