Grattacieli.

Mi sono svegliato prestissimo, ho gli occhi neri neri tutt’intorno.

Come dice mia mamma “ho i calimari lunghi fino a qui”. Per “qui” intende la bocca.

Stanotte sono stato alzato a messaggiare con Veronica, mi sta vicina sempre. Credo che abbia capito, che io non posso amarla: è una femmina. Però le va bene così. Forse cerca solo un’anima più debole di lei, qualcuno da proteggere, da accarezzare. Una sera, avevamo bevuto tutti del Nebbiolo cattivo, a casa di Miriam, Veronica mi ha incrociato in corridoio. Usciva dal bagno e aveva gli occhi gonfi. Ho capito subito, che era per Alessandro. Si è avvicinata al mio petto, bassina, senza tacchi. Mi ha detto “Perché non è così?!” E io: “Così come?” “Come te!”. Poi si è allontanata rapida, decisa. È andata a ridere con le sue amiche, a dire che Walter è il solito cretino, che il prossimo concerto a cui andiamo è quello dei Kings of Leon. Gli Editors no, per favore.

Questa notte lei mi ha detto che ce la posso fare.

Sono venuto a Milano per fare un provino. Voglio entrare nel mondo dello spettacolo. Non mi interessa se devo ballare, cantare, recitare. Faccio tutto, io. Mi basta andare in televisione, mi basta uscire dalla merda della mia vita. La mia vita è una casa a Quarto Oggiaro. Una tenda di plastica al posto della porta del bagno. I vestiti di mio cugino su di me, su tutti i miei fratelli. Un uomo a casa, tanti uomini a casa. Nessuno che ho chiamato papà.

Scendo a Porta Garibaldi. Che bella, la nuova Milano.

Quanti sogni dentro questi palazzoni alti, che grattano il cielo. Lo voglio grattare anche io, il cielo. Prendere un po’ di azzurro sulla testa, come il glitter delle performance migliori. Nella vita ci vuole, il luccichio. Altrimenti cosa viviamo a fare?

Guardate me, dovrei piangere tutto il giorno. E invece ho la risata più contagiosa che possiate immaginare. Ho una giacca di pelle fucsia con le stelle nere. Un trolley firmato da tutti i miei amici.

Perché io spacco, capito?

Ditemi adesso cosa devo fare. E io lo faccio. Faccio tutto, io.