Milano. Una galleria e due ali di cartone.

Come sei bella, Milano.

E questa è una notte in cui mi posso sedere qui, nella poltrona di pietra del salotto buono.

Non sono più il roditore nella metropolitana.

Sono stato un angelo per nove ore. E le gambe adesso sono tutte un formicaio. Mi coloro la faccia con i trucchi dei bambini, uso il bianco. Uso l’azzurro. Per fare bene il cherubino.

Qualcuno mi dà degli spiccioli. Non si può negare un caffè caldo a un angelo moro con le ali di cartone.

Con i soldi di oggi sono entrato da Spizzico e ho preso un trancio di margherita, credo vecchia di due giorni. Mi sono messo fuori, sotto l’arco della Galleria. Seduto.

“Buon appetito, angelo!”

Una donna in carne, con gli occhiali, mi sorride.

“Prega per me. Puoi?” E mi allunga dieci euro.

“Grazie!” rispondo io.

“Prega per me. E per te. E per tutti quelli che camminano davanti a noi.

Domani torno. E devi dirmi se qui dentro un senso c’è.

Dimmi se Dio parla almeno con te”.