Un rossetto rosso cupo.

Comincio dal primer, lo passo sulle palpebre, fin sotto le sopracciglia. Fa durare l’ombretto. Metto quello color panna, che rende l’occhio grande.

Copro. Polveri che scendono sul lavandino.

Lampi di luce riflessa dallo specchio di fronte a me. Adesso prendo un grigio denso, per fare l’effetto smoky. Fumo. Tanto fumo. Dentro gli occhi di tutti.

Poi il mascara, per avere ciglia lunghe e folte, svolazzanti come quelle delle principesse nelle fiabe. Fondotinta, una tonalità più scura della mia pelle, basta un po’ di abbronzatura per sembrare sana. Felice. La matita del contorno labbra, quella fa la differenza.

Se hai le labbra sottili è perfetta, appena fuori dal bordo timido che separa la tua bocca dal mondo.

Riempio gli spazi con il rossetto lucido, una sfumatura rosso cupo.

Come un bicchiere di vino. Come un grumo di sangue rappreso.

Li copro tutti, i miei lividi. Nascondo i segni dei pugni e dei graffi.

Alla fine la mia faccia è diventata di cartone, quella delle foto migliori: sotto uno strato di pigmenti luccicanti, a lunga durata, custodisco tutti quelli che nel tempo mi hanno picchiata con le mani, con gli sguardi, con le parole.

Il cuore non lo trucco, è l’unico che non posso mascherare.

Lui sta lì, in fondo, a battere tra le costole, fiero del suo martirio di ogni giorno; stretto alla vita, perché quello conta, prima di tutto il resto. È lui, questo cuore percosso, la parte più malata.

Sono vittima, io? E chi è il mio carnefice? È uno solo? O sono tutti?

Tutti quelli che anche solo per una volta mi hanno guardata in quel modo affamato, cattivo, spogliandomi della mia dignità, del mio valore, della mia anima.

E chi è il carnefice peggiore, se non io, che per paura, quieto vivere, ingenuità, sono rimasta zitta e ho chiuso gli occhi?

Io, vittima e carnefice, che ho scelto di alzarmi, leccarmi le ferite, aggrapparmi al mio silenzio.

Che ho scelto il coraggio.

Mi sono truccata, allora.

Un trucco ogni giorno più pesante. Ho messo il cuore a tacere.

Sono uscita, un’ombra nera arrampicata sopra un tacco dodici rosso vibrante, a ballare zoppicando sul pianerottolo. Sono uscita per continuare a vivere.