Butto lì la bicicletta.

Butto lì la bicicletta, la mollo davanti alle mura.

Entro dentro, falcate ampie, mi metto in gabbia da solo.

Lascio andare le piante dei piedi, perché cosa posso fare, se non camminare, poi correre, bloccarmi un attimo per respirare, poi correre ancora, sentire male al fianco, i polpacci che mi mandano fitte calde, asciugare la fronte con il dorso della mano, correre, correre ancora, non fermarmi, aspirare l’odore del pane sfornato nella piazza del centro, girare alla prima traversa, rifare passi sopra passi, tutto vale, basta non stancarsi, basta non mettersi un freno.

Perché poi la testa pensa. Il cuore martella.

E stare lì, immerso nell’assenza bianca di movimento, mi ammazza di più che la fatica matta che faccio adesso, quella del cavallo che vola al galoppo fino a scoppiare. Com’è successo? Non lo so. Sono diventato un foglio trasparente. Qualcosa deve essersi guastato dentro o forse esaurito, deve essersi consumato come si consuma una candela che nessuno guarda più.

Sono diventato uno che ha smesso di amare.

E mi fa così orrore, aver smesso di amarti, che preferirei morire qui. Dentro un gorgo spalancato nell’asfalto.

Mi sono svegliato, una mattina, ti ho vista respirare sotto il piumone. Ho capito. Ho preso la bicicletta, ho pensato “Vado, me ne vado lontano. Non torno. Mi ricordo di quando mi tremava lo stomaco, se ti guardavo. E adesso no. E adesso voglio soltanto scappare, per illudermi che sia un momento, un errore, un incidente strano”.

L’ho fatto. Mi sono ammazzato di chilometri, il fiato pesante e la lingua secca.

A cacciare quel pericolo. Per sentire ancora una volta che ero vivo, per credere che un senso c’era, giù, nello strapiombo in cui precipitavo. Le ore passavano, i giorni, le settimane. Estranea tu, estraneo io.

Le cose non cambiano più.

E mi fa peggio del dolore, questa nebbia che mi mangia. Mi siedo a terra, tra poco vado a riprendere la bicicletta. Se sopravvivo. Non mi importa niente di niente. Non mi importa di me, che sto a gambe incrociate in mezzo alla strada. Non mi importa di te, che mi chiedi spiegazioni.

Mi importa del tram che magari stavolta passa puntuale. Mostro di ferro che mi taglia a metà.